Villon: luci e ombre di un poeta maledetto

La vita

Le notizie relative al poeta sono scarse e frammentarie, la vita di Villon è costellata da misteri e risvolti oscuri che lo rendono quasi un personaggio sorto dalla penna di un romanziere. Probabilmente si chiamava François des Loges1 e, come si desume dai suoi versi, pare sia nato nel 1431 nei pressi di Parigi da una famiglia molto povera. Prese il cognome con cui è noto da Guillaume de Villon, cappellano di Saint-Benoît-le-Bétourné2, che lo accolse sotto la propria ala e gli permise di ricevere un’istruzione. François, nonostante si reputasse un cattivo studente, pare abbia terminato l’università a soli ventun anni ottenendo la maîtrise ès arts. Nel 1455 il giovane si trova, suo malgrado, coinvolto in una strana rissa con un prete, Philippe Chermoie, senza un apparente motivo l’uomo estrae un pugnale e ferisce Villon al labbro inferiore; François allora impugna la sua daga per difendersi e colpisce l’aggressore all’inguine; il prete morirà poco dopo e il giovane si vedrà costretto a fuggire da Parigi. Questo è solo l’inizio della vita rocambolesca del poeta. Riuscito a ottenere la grazia per l’omicidio, l’anno successivo partecipa a un grosso furto ai danni del collège de Navarre – cinquecento scudi d’oro rubati dalle casse della sacrestia – e si trova di nuovo latitante. Fugge ad Angers, poi raggiunge Blois dove gode per breve tempo della protezione del duca d’Orléans; infine viene arrestato e condannato alla forca, ma la pena è commutata in esilio e si sottrae nuovamente alle grinfie del boia. La sua vita sregolata fatta di vizi e cattive compagnie continua tra furti, risse, arresti, e processi; nel 1463 viene condannato all’impiccagione ma per l’ennesima volta sfugge alla morte venendo bandito da Parigi, da allora se ne perdono le tracce.

La poesia

La poetica di Villon è fortemente soggettiva, apertamente autobiografica; i versi rievocano il suo vissuto esprimendo un realismo crudo, profondo, che si affaccia tuttavia al sublime. Il poeta affronta temi quali la nostalgia del passato, il dolore, e la morte, non da lontano con il distacco dell’osservatore, ma da vicino con un coinvolgimento totalizzante; l’interiorità che emerge dai versi ha un ruolo centrale, essa si rivolge all’umanità: l’artista lancia una richiesta di soccorso contro un mondo crudele, che tuttavia può essere salvato. La forza di Dio, l’amore, e gli uomini, sono chiamati a redimere il secolo. Il poeta, dal basso della sua miseria umana, grida verso il cielo, e tutto il male della terra non basta a fermare questo suo anelito di speranza. 

Le opere principali del poeta sono: il Piccolo testamento (1456) composto da 320 versi ottosillabi divisi in 40 ottave; e il Grande testamento (1461) una raccolta di ballate, lais, e strofe, per un totale di 2023 versi. Si tratta di un vero e proprio lascito, un’eredità fatta di parole che il poeta consegna al lettore. Villon scrive in medio francese ma la sua lingua è di difficile interpretazione: il lessico usato si trova a cavallo tra due ere; inoltre i testimoni giunti fino a noi presentano numerose corruzioni, e ciò ha dato origine a una grande quantità di varianti. Motivo per cui il lavoro di ricostruzione e di traduzione delle sue opere è particolarmente complesso.

Ballade des dames du temps jadis

La Ballata delle dame del tempo che fu è la poesia che apre, dopo una serie di 41 strofe introduttive, il Grande testamento. Il tema centrale è la nostalgia per un tempo perduto: il poeta ricorda con malinconia alcune grandi donne del passato. Il ritornello richiama l’immagine della neve, forse per creare un collegamento tra il suo candore e l’idea di femminilità.

Dictes-moy où, n’en quel pays,
Est Flora, la belle Romaine ;
Archipiada, ne Thaïs,
Qui fut sa cousine germaine ;
Echo, parlant quand bruyt on maine
Dessus rivière ou sus estan,
Qui beauté eut trop plus qu’humaine ?
Mais où sont les neiges d’antan !

Où est la très sage Heloïs,
Pour qui fut chastré et puis moyne
Pierre Esbaillart à Sainct-Denys ?
Pour son amour eut cest essoyne
Semblablement, où est la royne
Qui commanda que Buridan
Fust jetté en ung sac en Seine ?
Mais où sont les neiges d’antan !

La royne Blanche comme ung lys,
Qui chantoit à voix de sereine,
Berthe au grand pied, Bietris, Allys ;
Harembourges, qui tient le Mayne,
Et Jehanne, la bonne Lorraine,
Qu’Anglois bruslèrent à Rouen ;
Où sont-ilz, Vierge souveraine ?…
Mais où sont les neiges d’antan !
 
ENVOI
 
Prince, n’enquerez de sepmaine
Où elles sont, ne de cest an,
Que ce refrain ne vous remaine:
Mais où sont les neiges d’antan !
Ditemi dove, in quale paese,
È Flora, la bella Romana;
Archipiada, e Taide,
Che fu sua cugina germana3;
Eco, che parla quando si fa rumore,
Sui fiumi o sugli stagni,
Che beltà ebbe ben più che umana?
Ma dove sono le nevi d’un tempo?!
 
Dov’è la saggia Eloisa,
Per la quale fu castrato e poi si fece monaco
Pietro Abelardo a Saint-Denis?
Per il suo amore subì questa pena
Allo stesso modo, dov’è la regina
Che ordinò che Buridano
Fosse messo in un sacco e gettato nella Senna?
Ma dove sono le nevi d’un tempo?!
 
La regina Bianca come un giglio,
Che cantava con voce di sirena,
Berta del Gran Piè, Beatrix, Alix;
Eremburga, che governò il Maine,
E Giovanna, la buona Lorenese,
Che gli Inglesi bruciarono a Rouen;
Dove sono, Vergine sovrana?…
Ma dove sono le nevi d’un tempo?!
 
ENVOI4
 
Principe, non chiedete questa settimana
Dove sono, né quest’anno,
Perché non vi si rimandi a questo ritornello:
Ma dove sono le nevi d’un tempo?! 5

Villon cita tredici donne – talvolta difficilmente individuabili – troviamo: Flora cortigiana romana; Archipiada che potrebbe riferirsi a una cortigiana greca, alla filosofa Ipparchia, oppure ad Archippa amante di Sofocle (Jacob, 1854), ma non mancano altre teorie6; Taide prostituta che appare nel Eunuchus di Terenzio, citata anche da Dante (Inferno, XVIII); Eco ninfa della mitologia greca; Eloisa letterata e religiosa francese, amante di Pietro Abelardo; una regina (spesso identificata con Margherita di Borgogna) legata a una leggenda sorta da un fatto realmente accaduto: lo scandaloso adulterio delle nuore del re di Francia Filippo IV (affaire de la tour de Nesle), uno degli amanti coinvolti sarebbe stato Buridano (Jean Buridan), professore parigino; Bianca, probabilmente Bianca di Castiglia madre di Luigi IX; Berta del Gran Pié, ovvero Bertrada di Laon, regina dei franchi, madre di Carlomagno; Beatrix, insieme a Berta e Alix, è un personaggio del poema cavalleresco Hervis de Metz (Ménard, 1981), tuttavia Jacob le associa a figure storiche7; Eremburga contessa del Maine, madre di Goffredo V d’Angiò; Giovanna d’Arco arsa sul rogo appena trent’anni prima; e infine la Vergine Maria.

Ballade a s’amye

La Ballata all’amica8 fa parte anch’essa del Grande testamento. Il tema è il dolore procurato da una dame sans merci; il poeta è vittima di un amore non corrisposto, si trova rapito dal fascino di una donna che lo conduce a un profondo struggimento. L’amante non trova soccorso nell’amata.

Faulse beaulté, qui tant me couste cher,
Rude en effet, hypocrite doulceur;
Amour dure, plus que fer, à mascher;
Nommer que puis, de ma deffaçon seur :
Cherme felon, la mort d’ung povre cueur ;
Orgueil mussé, qui gens met au mourir;
Yeulx sans pitié ! Ne veult droicte rigueur,
Sans empirer, ung pauvre secourir?

Mieulx m’eust valu avoir esté crier
Ailleurs secours, c’eust esté mon bonheur :
Rien ne m’eust sceu hors de ce fait chasser;
Trotter m’en fault en fuyte à deshonneur.
Haro, haro, le grand et le mineur !
Et qu’est cecy? mourray, sans coup ferir,
Ou pitié veult, selon ceste teneur,
Sans empirer, ung povre secourir.

Ung temps viendra, qui fera desseicher,
Jaulnir, flestrir, vostre espanie fleur :
Je m’en risse, se tant peusse marcher,
Mais nenny : lors (ce seroit donc foleur)
Vieil je seray; vous, laide, et sans couleur.
Or, beuvez fort, tant que ru peult courir.
Ne donnez pas à tous ceste douleur,
Sans empirer, ung povre secourir.

ENVOI

Prince amoureux, des amans le greigneur,
Vostre mal gré ne vouldroye encourir;
Mais tout franc cueur doit, par Nostre Seigneur,
Sans empirer, ung povre secourir.
Falsa bellezza, che tanto mi sei costata cara,
Rude in realtà, ipocrita dolcezza;
Amore duro, più del ferro, da masticare;
Nominarti posso, della mia distruzione sorella:
Fascino crudele, la morte di un povero cuore;
Orgoglio celato, che condanna a morte;
Occhi senza pietà! Non vuole Giustizia9,
Senza infierire, un povero soccorrere?

Meglio sarebbe stato cercare10
Altrove soccorso, avrei trovato la felicità:
Niente ha potuto sottrarmi a questo destino;
Devo fuggire al trotto con disonore.
Aiuto, aiuto, grandi e piccoli!
Cosa? Morirò, senza colpo ferire,
O Pietà vorrà, secondo questo tenore11,
Senza infierire, un povero soccorrere?

Verrà il tempo, che farà seccare
Ingiallire, appassire, il vostro rigoglioso fiore:
Ne riderei, se a tanto potessi arrivare,
Ma no: allora (sarebbe follia)
Sarò vecchio; voi, brutta, e senza colore.
Ora, bevete forte, finché il ruscello può correre.12
Non date a tutti questo dolore13, dovreste
Senza infierire, un povero soccorrere.

ENVOI

Principe amoroso, degli amanti il maggiore,
Non vorrei incorrere nel vostro sfavore;
Ma un nobile cuore deve, per Nostro Signore,
Senza infierire, un povero soccorrere. 14

Si tratta evidentemente di un dialogo tra Villon e la propria amata, ma di lei – sempre che sia realmente esistita – non sappiamo nulla. Tuttavia, la poesia cela un indizio: le iniziali dei versi delle prime due strofe rivelano una coppia di nomi, il primo è quello dell’autore, FRANCOYS, il secondo potrebbe essere proprio quello della femme fatale, MARTHEOS.

Ballade des pendus (Epitaphe)

Epitaffio, poesia meglio nota come Ballata degli impiccati, composta in carcere nel 1463. Villon viene arrestato per rissa, torturato e condannato all’impiccagione. L’anima dell’artista, conscia della propria colpevolezza, fa appello alla pietà degli uomini e cerca redenzione nella grazia divina.

Frères humains, qui après nous vivez,
N’ayez les cueurs contre nous endurciz,
Car, si pitié de nous pouvres avez,
Dieu en aura plustost de vous merciz.
Vous nous voyez ci attachez, cinq, six :
Quant de la chair, que trop avons nourrie,
Elle est piéça devorée et pourrie,
Et nous, les os, devenons cendre et pouldre.
De nostre mal personne ne s’en rie,
Mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre !

Se vous clamons, frères, pas n’en devez
Avoir desdaing, quoyque fusmes occis
Par justice. Toutesfois, vous sçavez
Que tous les hommes n’ont pas bon sens assis;
Intercedez doncques, de cueur rassis,
Envers le Filz de la Vierge Marie,
Que sa grace ne soit pour nous tarie,
Nous preservant de l’infernale fouldre.
Nous sommes mors, ame ne nous harie;
Mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre !

La pluye nous a debuez et lavez,
Et le soleil dessechez et noirciz;
Pies, corbeaulx, nous ont les yeux cavez,
Et arrachez la barbe et les sourcilz.
Jamais, nul temps nous ne sommes rassis;
Puis çà, puis là, comme le vent varie,
A son plaisir sans cesser nous charie,
Plus becquetez d’oyseaulx que dez à couldre.
Ne soyez donc de nostre confrairie ;
Mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre !

ENVOI

Prince JESUS, qui sur tous seigneurie,
Garde qu’Enfer n’ayt de nous la maistrie :
A luy n’ayons que faire ne que souldre.
Hommes, icy n’usez de mocquerie
Mais priez Dieu que tous nous vueille absouldre !
Fratelli umani, che dopo di noi vivete,
Non abbiate il cuore indurito contro di noi,
Poiché se avete pietà di noi poveri,
Dio avrà ancor più misericordia di voi.
Ci vedete qui appesi, cinque, sei:
La carne, che troppo abbiamo nutrita,
È fatta a pezzi divorata e imputridita,
E noi, ossa, diveniamo cenere e polvere.
Del nostro male nessuno rida,
Ma pregate Dio che tutti noi voglia assolvere!

Se vi chiamiamo fratelli, non dovete
Aver disprezzo, anche se fummo uccisi
Per giustizia. Tuttavia, voi sapete
Che non tutti gli uomini hanno il buon senso;
Intercedete dunque, con cuore sereno,
Verso il Figlio della Vergine Maria,
Che la sua grazia ci guarisca,
Preservandoci dall’infernale folgore.
Siamo morti, nessuno ci tormenti;
Ma pregate Dio che tutti noi voglia assolvere!

La pioggia ci ha detersi e lavati,
E il sole seccati e anneriti;
Gazze, e corvi, ci hanno cavato gli occhi,
E strappato la barba e le sopracciglia.
Mai, in nessun momento abbiamo avuto pace;
Di qua, di là, secondo il variare del vento,
A suo piacere senza sosta ci conduce,
Più beccati dagli uccelli che ditali da cucito.
Non siate dunque della nostra compagnia;
Ma pregate Dio che tutti noi voglia assolvere!

ENVOI

Principe GESÙ, che su tutti sei signore,
Fa che l’Inferno non abbia su di noi dominio:
Con lui niente a che fare, né conti da saldare.
Uomini, su ciò non fate dell’ironia
Ma pregate Dio che tutti noi voglia assolvere! 15

Il poeta riesce a liberare tutta la potenza evocativa delle immagini, trasformando il lettore in testimone delle atroci agonie a cui è destinata la triste compagnia. Il pathos suscitato dagli impiccati mira a sensibilizzare l’anima dei giusti in un’ottica universale, Villon parlando di sé e dei suoi compagni invoca pietà per tutti i condannati a morte. L’autore chiede agli uomini di pregare ma infine, nell’ultima strofa, l’intercessione cede il passo all’invocazione diretta: il poeta si rivolge all’unica vera fonte di salvezza, al più grande di tutti i principi, Gesù. Lo straziante e crudele realismo si mescola alle sfumature liriche permettendo alla ballata di innalzarsi verso il sublime; la poesia diventa un salmo recitato da un uomo maledetto in cerca di redenzione. Il poeta-criminale lascia così al mondo le sue ultime parole, come un testamento o un epitaffio, prima di diventare polvere ed essere consegnato all’oblio.  

Conclusioni

Villon sembra dar vita a un modello nuovo, con lui la poesia medievale pare concludersi e cedere il passo al moderno; nei suoi versi, sebbene i temi siano analoghi, troviamo un approccio differente rispetto agli altri autori dell’età di mezzo. La condotta dissoluta, la poetica intrisa di realismo, e il focus sull’interiorità dell’autore, aprono un varco lungo i secoli che trascina il poeta alla fine dell’Ottocento, epoca in cui la Francia inaugura una nuova corrente letteraria allontanandosi dal romanticismo. Durante la fin de siècle i poeti abbandonano l’arte fine a se stessa per dedicarsi a un’estetica pura e assoluta, è la stagione del simbolismo e della decadenza. Villon viene riscoperto da questa nuova generazione e inserito nella lista di quegli artisti stravaganti, irrequieti, e consumati dal languore, che saranno definiti poeti maledetti.

Lux Victrix Edizioni – Quattro Castella, 14 giugno 2021

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Bibliografia

  • Archipiada, E. Langlois, in ‘Mélanges de philologie romane dédiés à Carl Wahlund’, Mâcon, Protat frères, 1896, p. 173-179;
  • Berthe au grant pié, Bietris, Alis ou La résurgence de la culture épique dans la «Ballade des dames du temps jadis», P. Ménard, in ‘Romania’, t. 102 n°405, 1981, p. 114-129;
  • Oeuvres complètes de François Villon, L. Moland, Paris, Garnier, 1914;
  • Oeuvres complètes de François Villon, P. L. Jacob, Paris, P. Jannet, 1854.

  1. Tra i vari nomi riportati nei documenti troviamo anche François de Montcorbier.
  2. Chiesa che sorgeva nel centro di Parigi, oggi non più esistente.
  3. In questo caso non si vuole indicare una parentela ma un’affinità.
  4. Ultima strofa di una ballata usata come congedo.
  5. Oeuvres complètes de François Villon, L. Moland, Paris, Garnier, 1914, p. 37-38 (trad. mia).
  6. Langlois suggerisce che si tratti del militare e politico ateniese Alcibiade, la confusione riguardo al sesso si dovrebbe a una traduzione errata (Langlois, 1896).
  7. Beatrice di Provenza moglie di Carlo I d’Angiò, figlio di Luigi VIII; e Alix di Champagne moglie di Luigi il Giovane (Jacob, 1854).
  8. In medio francese, specialmente in poesia, il termine amye indica più propriamente l’amante (un coinvolgimento amoroso) piuttosto che l’amica (quindi un legame d’amicizia).
  9. Si è ritenuto più opportuno tradurre Giustizia invece che giusto rigore in base alla strofa successiva che vede il poeta chiedere soccorso a Pietà.
  10. I manoscritti riportano
    chercher (cercare) mentre le ed. di Moland e di Jabob crier (gridare).
  11. Teneur ha il significato di “contenuto, senso del discorso”, il poeta con le sue parole sta cercando di muovere a compassione Pietà perché lo soccorra.
  12. Variante: Or boy donc fort, tant que tu peux courir (Ora bevi forte, finché puoi correre).
  13. Variante: Ne reffusez, chassant ceste douleur (Non rifiutatevi, allontanando questo dolore).
  14. Oeuvres complètes de François Villon, ed. Moland, p. 74-75 (trad. mia).
  15. Ibidem, p. 143-145 (trad. mia).

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